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Mi chiamo Anna, non sono giovanissima e non sono una persona intraprendente, ho marito, figli, un lavoro, conosco pochissimo il continente africano: una mia collega della Costa D'Avorio e un amico del Ghana sono tutta la mia conoscenza. Ma a volte si incontrano persone che conoscono qualcosa di più, che condividono parte della loro vita con l'Africa, passando del tempo là e impegnandosi anche dall'Italia. La mia ostinata decisione di vivere un’esperienza in Africa parte un po' da qui, sostenuta dalla voglia di conoscere un'altra realtà, che ho sperimentato essere “difficile” ma con una ricchezza di umanità che mi mancava. Sono tornata da qualche settimana dalla Guinea Bissau, da un esperienza bella, ma quando sono partita non sapevo cosa avrei trovato e cosa avrei fatto; non ero del tutto pronta, perché non conoscevo la lingua; ero, invece, prontissima a condividere quello che la Guinea mi avrebbe offerto. Ho cercato di conoscere la gente del posto lavorando con loro, ho provato a fare lavori domestici e mi sono accorta di quanto la tecnologia mi mancasse. La prima settimana ero con Paola. Abbiamo avuto un incontro con le donne dell'alfabetizzazione, ho cominciato a rendermi conto delle difficoltà che vivono: le donne non hanno la possibilità di andare a scuola, le scuole statali non funzionano e quelle private non sono accessibili a tutti, ma c'è tanta voglia di imparare, per se stesse, per aiutare i figli, per migliorare la Guinea. La povertà è visibile, gli stipendi sono bassissimi e i prezzi sono davvero alti, quando andavo a fare spesa con Cecilia cercavamo il negozio con i prezzi migliori ma erano comunque proibitivi, “per pochi”. Sono capitata a Bissau in un mese ricco di avvenimenti, ho partecipato alla cerimonia per l’ordinazione di sei sacerdoti: la messa è stata celebrata all'esterno perché c’erano troppe persone e in chiesa non ci si stava; eravamo davvero in tanti e pensare che i cattolici in Guinea sono una minoranza! Il giorno dopo altra festa: ho partecipato alla prima messa di Padre Raxido a Bula. Due giornate importanti, le messe celebrate all'esterno, colori, musica, canti, balli e tanti giovani. La mia preghiera era un grazie per ogni emozione che provavo, e ne ho provate tante. Un grazie che ogni giorno diventava preghiera per le “irmas”. Dopo questa esperienza è cambiato il mio concetto di accoglienza: sono stata accolta con i miei limiti, le mie difficoltà e mi sono sentita protetta e aiutata. Cecilia, Antonieta, Ivone Nhamò e Suaila sono state la mia famiglia e rimangono la mia famiglia de Guinè. La Guinea è fatta di donne forti e coraggiose. Ho condiviso un mese con alcune di loro e mi hanno fatto sentire orgogliosa di essere “donna”, ma la loro forza e il loro coraggio non bastano a risolvere tutti i problemi, anche un piccolo aiuto può servire e incoraggiare. Mi ha molto entusiasmato il progetto “Anita”, rivolto al sostegno a distanza di alcune donne. Sono appena rientrata e in tanti mi chiedono come mi sono trovata, dandomi la possibilità di parlare di questo “alternativo” sostegno a distanza: che bello sarebbe se la mia esperienza riuscisse ad aiutare qualche donna di San Paolo! Per ora ringrazio chi mi ha dato questa grandissima opportunità, la mia famiglia e la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, in particolare Paola, Orielda, Lùcia, Teresa, Cecilia, Ivone e Antonieta. Un abbraccio a tutta San Paolo.